L'AFFIDO settembre 2017
L’ho pregata di venire a casa mia per le 17. Lei, da sola. Ci siamo accordate telefonicamente che avrei lasciato la porta socchiusa perché non sapevo se sarei riuscita ad aspettarla in piedi; infatti sono sdraiata sul divano quando la sento entrare piano.
Con un leggero…”sono io…posso? “ oltrepassa la porta d’ingresso.
"Vieni, vieni pure, sono qui.”
Seguendo la mia voce arriva in soggiorno e abbozza un sorriso, ma sul suo viso leggo un’espressione indecifrabile, interrogativa e sulla difensiva. Ha i capelli sciolti, lucenti e folti come nelle pubblicità, sfacciatamente in contrasto con il foulard che io porto annodato dietro la nuca, e che ricopre per intero la mia testa nuda.
La odio ancora di più se fosse possibile, ma non é per dirle il mio odio che le ho chiesto di venire da me.
No, non è l’ odio che mi ha spinto ad incontrarla , ma l’ amore, un amore così grande che ora più che mai mi lascia frastornata. Questo amore si chiama Matteo.
Lei viene avanti….” Siediti - dico – ma se vuoi un caffè temo che dovrai preparartelo.”
"No non importa.”
“ Ti dico subito perché ti ho chiesto di venire qui, non voglio farti perdere troppo tempo “, già nel dire quelle stupide, banali parole mi si incrina la voce di pianto.
“ Ma figurati…” ribatte lei con una sfumatura di dolcezza che non mi aspettavo, e intanto si siede di fronte a me.
“I medici dicono che mi resta poco…”
Lei fa un cenno con la mano come per dire … non lo pensare neanche , ma io continuo:
“E’ vero. Forse un mese, o due. Per questo dovevo assolutamente parlare con te. Magari tu hai già capito.”
Lei non muove un muscolo. Io proseguo:
“E’ per Matteo.”
Come è difficile parlarne, come è difficile chiedere, ma continuo…” è un bambino fragile, delicato di salute e io sono tutto per lui da quando…”
Lei abbassa lo sguardo, e io scopro in quel momento che non voglio più farla sentire in colpa.
“ Vedi – continuo - anche adesso, nonostante tutto, cerco di stargli vicino, di essere sempre presente, ma presto non mi sarà più possibile. “
Lei ora mi guarda; il suo viso ha perso quell’espressione enigmatica che la fa tanto rassomigliare a Monna Lisa. Prende in mano la situazione; forse è per pietà che vuol rendermi le cose più facili.
“ Ci sarò io per Matteo, e farò del mio meglio. Tu mi dirai tutto di lui, della sua personalità, del suo carattere, mi dirai quali sono le sue esigenze, cosa lo fa star bene e cosa lo fa soffrire…”Io la interrompo, con il respiro corto, il pianto in gola. Certo che ne hanno parlato lei e Nicola, altrimenti non sarebbe così sicura.
"E' un bambino dolce – dico – i suoi problemi di salute lo hanno reso più sensibile di quanto sarebbe giusto alla sua età. Ha bisogno di grande armonia attorno a sé.”
“ Farò del mio meglio, te lo prometto “, ripete.
Ci accordiamo che verrà a prenderlo tra due giorni per un pomeriggio insieme, perché lui la possa conoscere. Un’amica della mamma, diremo. E poi, quando sarà venuto il momento gli sembrerà più naturale vederla anche con il papà.
Lei se ne è andata. All’improvviso sento una gran pace invadermi tutta e l’odio man mano sbiadire, per lasciare il posto a un sentimento riconoscente. L’ ”altra“, la “nemica“, quella che si è presa un uomo che non le spettava, ora é diventata la mia unica speranza. Sarebbe stato fin troppo facile imprecare contro un destino beffardo, e invece può apparire paradossale, ma la sua presenza mi ha dato consolazione.
Sarà meno lacerante il distacco da Matteo?
Lo sento mentre sta rientrando dal parco con la baby sitter. Parlano tra loro, lui è allegro e già vorrei abbracciarlo e non lasciarlo più andare. A fatica mi metto seduta, e un attimo dopo lui si stringe a me con quanta forza ha.
“Sai – dice tutto eccitato - c’era un bambino simpatico che mi fatto giocare con le sue macchinine…e poi è arrivata una signora con un barboncino bianco e l’ho accarezzato…e poi…e tu mamma, cosa hai fatto?”
Gli sorrido, gli arruffo i capelli color miele.
“Sono stata bene anch’io. E’ venuta a trovarmi un’amica che non vedevo dai tempi della scuola.”